Dal 26 aprile al 9 giugno a Reggio Emilia c’è Fotografia Europea, un festival dedicato alla fotografia che si tiene ormai da 20 anni attorno ad un tema comune.
Quest’anno il compito è stato affidato ad Eraclito e a uno dei suoi aforismi più criptici. “La natura ama nascondersi”.
Eraclito, in realtà, non era un naturalista alla Lazzaro Spallanzani. Non immaginatevelo là che cammina per sentieri cercando cavallette e grilli da attaccare con gli spilli nella propria collezione. Eraclito è il filosofo del contrasto. “Il conflitto (polemos) è padre di tutte le cose” ed è il principio regolatore del caos.
“Panta rei” (tutto scorre), “non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”… sono tutte espressioni di uso comune che vengono proprio da Eraclito.
Per farla breve, Eraclito dice, in una maniera veramente poco intuitiva, quello che alla mia generazione (e a un Semola tramutato in pesce rosso) ha insegnato Mago Merlino con una canzoncina cantata in un fossato infestato da lucci predatori.
Per ogni cosa esiste il suo contrario. Ed è in questo continuo oscillare che risiede il senso - la natura - di tutte le cose.
Mentre pensavo ad un progetto per il circuito OFF del festival, la mia testa - come di consueto - è partita da A ed è arrivata a Z; oscillazione in cui, solitamente, Z ha a che fare con la cucina.
Se per Amy Adams in Julie and Julia, (film del lontano, 2009) “dopo una giornata in cui niente è sicuro, una torna a casa e sa con certezza che aggiungendo al cioccolato rossi d'uovo, zucchero e latte l'impasto si addensa: è un tale conforto!”, per me la rassicurante certezza è quella di aprire il frigorifero e trovare la pasta fredda del giorno prima.
Per seguire il ragionamento di Eraclito, non so esattamente a quale punto dell’oscillazione tra un piatto fumante e una doggy bag si posizioni il gusto collettivo. Fatto sta che, ogni volta che esibisco un po’ di pasta fredda a qualcuno, quello mi risponde: “No no, non scaldarmela, è perfetta così”.
Ma dove si nasconde qui la natura? L’ andirivieni tra pasta appena fatta, pasta fredda e pasta riscaldata, ha motivazioni chimiche precise.
Quando si cuoce la pasta (in realtà già mentre si impasta e durante l’essicazione) succedono 3 cose:
Quando pensiamo alla pasta dobbiamo immaginarla come una rete (la famosa, o famigerata, maglia glutinica), dentro cui rimane intrappolato, in una maniera omogenea e organizzata, l’amido.
Per effetto dell’acqua, e della sua temperatura, le proteine coagulano mentre l’amido, che si è gonfiato perché ha assorbito l’acqua, gelatinizza. Un classico esempio di questo è l’addensarsi di creme, salse e besciamelle quando si aggiunge farina e si porta a bollore.
Fin qui tutto bene.
Ma quando la pasta si raffredda? Cosa le dà quella consistenza vitrea, quel crack sotto i denti che rende gustosa, una volta fredda, anche una pasta irrimediabilmente scotta?
Si tratta del processo di retrogradazione dell’amido.
L’abbondante Parmigiano Reggiano in cui era stata affogata, raffreddandosi, farà il resto della magia. Insieme all’amido rilasciato in cottura, incollerà la pasta in un monolite che potrete inforchettare e mangiarvi come fosse uno gelato sullo stecco, in piedi, in cucina, e senza sporcare nemmeno il piato che, tanto, non avreste avuto voglia di lavare.
E se invece avessimo voglia di quella sensazione e quel profumo che solo un piatto di pasta fumante è in grado di dare? Niente paura, la retrogradazione è un processo potenzialmente reversibile all’infinito. È quello che, per intenderci, vi consente di ravvivare una fetta di pane stantio semplicemente bagnandola leggermente e ripassandola nel tostapane.
Vi basterà riscaldare la pasta e il pendolo ritornerà nella posizione da cui era partito.
Allora forse hanno ragione Eraclito e Mago Merlino… e anche noi che alle volte ci sentiamo rassicurati nel trovare la pasta fredda, e altre volte chiudiamo il frigo pensando “chi me lo fa fare? Ordino un delivery!”.
Nel balletto sincronizzato che è la vita, trovare la quadra non è per niente semplice come fare un piatto di pasta. Gelatinizzazione o retrogradazione? Accogliere il cambiamento o stare nel nostro? A volte le cose ci sfuggono, a volte ci sembra di avere trovato la quadra. Alle volte abbiamo la sensazione di vivere la vita di qualcun altro e altre di essere proprio dove vorremmo essere.
L’equilibrio perfetto sta, forse, nel trovare il proprio ritmo e la propria dimensione nell’oscillazione.
Perché, per dirla con García Márquez:
“Fino a quando crede che possiamo continuare con questo andirivieni del cazzo?”
“Per tutta la vita”.
Bibliografia
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